Un sogno ad alta quota:  l’architettura emotiva di Casa Bormio

In Alta Valtellina, nel cuore delle Alpi italiane, non lontano dal confine svizzero, emerge, circondato da un incantevole scenario montano, questo chalet cresciuto tra prati e distese di abeti, assecondando i dislivelli del terreno. Alla posizione privilegiata che offre tanta bellezza, si aggiunge il fascino del limitrofo centro storico, Bormio, piccola gemma ricca di vicoli e portali antichi, meta degli amanti della natura, dello sport e del relax, conosciuta per le numerosi fonti di acqua termale, celebrate per le proprietà curative.

L’architetto Rachele Pellegatta, fondatrice e direttrice artistica di Dome Milano Studio, ha condotto con il suo team, ed il supporto di Sag’80, uno scrupoloso intervento di riqualificazione e ristrutturazione in accordo ai vincoli esistenti, ai valori della sostenibilità e della conservazione del patrimonio, sotto la guida della Sovrintendenza del Paesaggio. Un percorso che, affrontato come pratica sostenibile virtuosa, ha portato, con attenta osservazione del contesto ed interpretazione delle esigenze del committente, ad onorare la struttura limitandosi alla scelta, per il rivestimento di facciata, di una nuance più calda, meno aggressiva del bianco preesistente e a chiudere finestre, aprendone con discrezione altre che assicurassero un dialogo ininterrotto con il paesaggio. Pannelli solari ed un impianto di geotermia, priorità dettate da consapevolezza ambientale, assicurano la completa autonomia della residenza dal punto di vista energetico.  

Colloqui esplorativi e conoscitivi con il cliente hanno contraddistinto la ricerca di equilibrio tra funzioni necessarie e coerenza formale, ricavando nella rigida distribuzione di un interno fatiscente nuovi volumi separati ma non divisi, organizzati con fluidità su 3 piani, raggiungendo un generoso ambiente privo di costrizioni. I complessivi 350mq, ricontestualizzati secondo un’ottica di maggiore funzionalità, evitando il più possibile pareti divisorie, hanno consentito una nuova disposizione, creando al contempo continuità visiva tra i livelli, prevedendo un appartamento dedicato al figlio al primo piano, cucina integrata da zona dining ed open space living al secondo, 4 camere da letto, di cui due dotate di bagno en suite all’ultimo.

Aspirazioni connesse all’idea di ‘rifugio sono state soddisfatte e tradotte attraverso una sapiente modulazione degli spazi ed un’eloquente valorizzazione delle possibilità espressive dei materiali, ricercando una quotidianità attuale ma anche intima, una sinfonia di comfort e stile. Elementi essenziali di un vocabolario proprio della montagna, provenienti da un ambito strettamente locale, esaltati nella loro autenticità, grazie a trattamenti naturali di maestranze del posto: listoni di rovere color avena, pietra grezza e pareti in un delicato nuvolato grigio chiaro, improntano con una miscela di toni semplici ma eleganti, senza interruzione con l’esterno, gli interni avviluppanti, esprimendo il carattere contemporaneo ma caldo dell’ambiente, evitando un’estetica ridondante. Ingredienti del presente e del passato interagiscono reinterpretando con leggerezza canoni tipici tradizionali.

Note ben calibrate tra linee pulite e suggestioni legate alla sfera dei ricordi sono i protagonisti della scenografia domestica che accoglie a pian terreno, invitando, con una palette di combinazioni rilassanti, ad abbracciare ritmi lenti e rigeneranti. La struttura robusta di un grande divano ad L incontra i contorni sinuosi e fluidi dell’avvolgente guscio in tonalità tabacco della poltrona Harbor Laidback in un interno punteggiato da allusioni ai boschi e alla vegetazione circostante, evocati dai complementi d’arredo, silhouette di tronchi sparsi qua e là con molteplici funzioni ed accenti floreali di un largo tappeto e di un tessuto utilizzato per rivestire un grosso pouf, entrambi parte di un’eredità del proprietario, carica di valore sentimentale. Un gioco di contaminazioni che senza accumuli eccessivi trova un’armonia che permette un racconto moderno che profuma di storia.  

Scelte handmade in declinazioni d’eccellenza, testimonianze vintage ed odierne, creazioni di talentuosi e visionari autori che hanno fatto e stanno facendo la storia del design internazionale, combinati con pezzi d’arredo di famiglia, si complementano plasmando con gesti semplici ma incisivi l’ampio soggiorno del piano superiore. L’open space si dispiega attorno ad un camino, amplificandone suggestioni e vibrazioni.

Pezzi d’eccezione, come una coppia di Palinfrasca sofa, prototipi concepiti dall’eclettica vena immaginativa di Luca Meda, duettano con il piccolo, versatile tavolino Poggio, opera dello stesso Meda ed una presenza emblematica del living fin dall’epoca vittoriana. Il profilo curvo, avvolgente di setosa morbidezza degli schienali in fasce di ciliegio intrecciate si confronta con le linee severe di una poltrona reclinabile, dagli alti braccioli nel tipico stile Arts & Crafts di William Morris, una celebrazione nelle loro antitesi formali di una maestria artigianale esemplare. Due cavi di acciaio tesi da soffitto a pavimento ritmano una parete con i tratti esili ma fortemente carismatici di Parentesi, luce-icona del disegno industriale italiano degli anni ’70, un’opera tra ingegneria ed arte, frutto della collaborazione tra due visionari, Achille Castiglioni e Pio Manzù. 

L‘accostamento di oggetti appartenenti ad epoche e stili diversi, cifra identificativa dell’intero lavoro, dà vita ad un’inedita, interessante trama narrativa da cui si sprigionano stimolanti fragranze olfattive e sensoriali. I contrasti solo apparenti, in realtà strumentali ad una regia progettuale che intende intensificare ogni momento trascorso in quest’oasi di pace, continuano al di là del camino, dove le pareti foderate da una boiserie in rovere, e la morbidezza degli elementi tessili stemperano il mix di minimalismo che le correda. Le linee rigorose, quasi archetipali di Arbiter sofa ed il segno grafico angoloso di una lampada a parete in metallo nero anni ’50 che lo sovrasta simile a un insetto, con due bracci orientabili in stile Serge Mouille della famosa serie Black Shapes, divengono grazie alle esuberanti proporzioni e alla grande versatilità parte attiva di una nicchia superconfortevole dove ricevere amici, leggere e lavorare al laptop, oppure oziare e fantasticare, lasciandosi coccolare. 

La scansione degli spazi accompagna il ritmo delle viste, e da una stanza all’altra si generano prospettive sempre nuove, permettendo al panorama di interpretare un ruolo primario in ogni angolo della casa. Nella zona pranzo, un ambiente arioso, inondato di luce, le aperture regalano una sequenza di vedute particolarmente suggestive, che integrano ed enfatizzano il piacere della convivialità. Su un tavolo custom made in legno massello, accompagnato da poltroncine rivestite in eco-pelliccia e da una lunga panca a muro con schienale e cuscini imbottiti, foderati in classico tartan di montagna, fluttua sospeso con leggerezza il delicato intreccio a nido di Skynest, poetica creazione di Marcel Wanders per Flos, romantica allusione che ribadisce l’anelito di fusione con il mondo naturale che vive tutt’attorno.

In complementarietà è stata organizzata la cucina, perfetta sintesi tra abile gestione dello spazio e lessico minimalista, adottato dalla filosofia progettuale. 

Un blocco-isola monolitico in raffinato quarzo opaco ed una parete attrezzata, caratterizzata da ante in legno complanari in una elegante lavorazione a listelli verticali, esprimono l’essenza del lusso ad alta quota, esibendo elementi naturali distintivi trattati con finiture moderne innovative.

Un abile lavoro di ricalibrazione riserva all’area notte un layout confortevole e ben proporzionato. Tonalità sfumate e materiali naturali, scaldati da luci soffuse e dettagli come lane e tappeti o testate dei letti imbottite, e rivestite con tessuti vintage che riproducono la flora alpina, conferiscono un delicato sapore domestico alle camere da letto mansardate. 

Cura sartoriale del dettaglio connota anche gli ambienti-bagno, dove spazi contenuti concedono spesso soluzioni creative, giocando con assonanze e dissonanze di idiomi espressivi, senza naturalmente rinunciare a frammenti di panorama e allo spirito che si confà al contesto alpino.